Buchi neri pelosi. Storia d’amore gay

Buchi neri pelosi. Storia d’amore gay

Tratto da: “ I Racconti del Sig. Rudolf”. Novelle erotiche e allucinogene.

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Giorgio era un uomo di mezza età, senza figli e dalla vita solitaria e taciturna. Passava le sue giornate immerso nella sua strana ossessione: guardare gli insetti che si muovevano sul pavimento sporco della sua dimora.

Le piastrelle erano lerce e cumuli di rifiuti si erano accatastati sino al soffitto nel corso degli anni. La sua abitazione era diventata un luogo claustrofobico e opprimente, in cui l’oscurità e il puzzo aleggiavano costantemente.

Un giorno, mentre Giorgio era assorto nella sua solita osservazione degli insetti, suonarono alla sua porta. Andò ad aprire trovandosi di fronte a un uomo curioso, vestito con abiti sgargianti, truccato come una drag queen, con il viso incorniciato da una parrucca viola.

Pareva uno di quegli strani artisti anali che ballano sulle note di “Come è bello far l’amore da Trieste in giù” sui carrozzoni Lgbt durante i gay pride.

I suoi occhi erano pieni di malizia e il suo sorriso ammiccante faceva presagire qualcosa di inquietante. Canticchiava “Sbucciami” di Cristiano Malgioglio muovendo i fianchi come fa Shakira.

Buchi neri pelosi: l’incontro tra Giorgio e Piero.

“Buongiorno!” disse l’uomo, sporgendosi verso Giorgio in modo invadente. “Mi chiamo Piero, e sono qui per darti ciò di cui hai bisogno.

Giorgio rimase sbalordito. Non riusciva a capire il motivo per cui quella persona si era presentata proprio da lui. Era stato così bravo a nascondersi dal mondo esterno, a mantenere la sua solitudine e il suo isolamento intatti. La gente è solita correre col fuoco al culo verso qualcosa che non esiste. È la paura di affrontare se stessi, è la paura di essere soli. Lui, al contrario, aveva paura della folla che corre col fuoco al culo, pertanto, non poteva capire come quel chiassoso individuo vestito con abiti da donna, avesse voluto avere a che fare proprio con lui.

Piero, senza alcun preavviso, sollevò il lembo della sua gonnellina mostrando una gamba pelosa in modo provocante.

Era un gesto ambiguo, un tentativo di circuire Giorgio, di sedurlo con il suo corpo in maniera indefinibile ma disturbante.

Confuso e sconvolto, Giorgio non sapeva come reagire, ma invece di cedere alla rabbia, decise di rispondere in un modo strano ma inaspettatamente calmo. “Vuoi qualcosa da mangiare?” chiese Giorgio, mostrando una confezione di salame calabrese che aveva ricevuto in beneficenza dalla Caritas.

L’offerta del salame sembrò confondere Piero che non si aspettava una risposta del genere e accettò l’offerta seguendo Giorgio nel suo lurido rifugio.

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La casa divenne l’ambientazione di una scena surreale. Mentre Giorgio preparava una modesta colazione con il salame piccante e del pane secco, Piero si sedette al tavolo, esibendo ancora il suo comportamento equivoco.

Durante il pasto, i due uomini si guardarono in silenzio. Il sapore intenso del salame si mescolava con l’aria malsana della casa, creando un’atmosfera opprimente. Giorgio cercò di capire cosa volesse davvero Piero, ma la sua mente era avvolta in un groviglio di emozioni e paure.

La tensione raggiunse l’apice quando, dopo aver finito di mangiare, Piero si alzò in piedi e si avvicinò a Giorgio, lanciandogli un sorriso conturbante. La loro vicinanza era angosciante, i respiri si mescolavano nell’aria viziata della dimora.

Giorgio rimase senza parole. Era come se un raggio di luce avesse squarciato l’oscurità che lo aveva circondato per così tanto tempo.

Aveva cercato di nascondersi dal mondo, ma ora il mondo lo aveva trovato e gli stava offrendo una via di fuga. Si ritrovò a riflettere: “Essere gay forse potrebbe portarmi dei vantaggi come socializzare, prendere vestiti gratis in prestito, conoscere una marea di architetti, prenderlo nel culo, diventare segretario di qualche partito progressista, andare a feste fantastiche dove si fanno i trenini ascoltando la musica dei Soft Cell”.

Il luccicante pomeriggio di giugno era ormai concluso.

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A questo punto Giorgio e Piero si inserirono reciprocamente il pene nell’ano, quando ad un tratto non riuscirono più a staccarsi. Il pene di Giorgio, che era di forma uncinata a causa di una malformazione alla nascita, si incastrò nel retto dell’amico.

La coppia urlò così forte tra piacere e dolore tanto che disturbarono una vecchina che stava riposando nell’appartamento adiacente. La signora andò a vedere cosa stesse succedendo. Apri la porta dei due novelli amanti trovandosi davanti ad una scena agghiacciante che però la intrigò enormemente. Sembrava di vedere Verlaine che sodomizzava Rimbaud mentre quest’ultimo scriveva “Le sonnet du trou du cul tra un colpo e l’altro.

Stette a guardare i ragazzi masturbandosi con il resto del salame made in Caritas che era avanzato.

Poi riuscì a sciogliere i ragazzi dal loro groviglio erotico infilando un ombrello chiuso nel culo di Giorgio per poi aprirlo a tradimento quando l’oggetto era ormai inserito.

Fu una liberazione per entrambi gli innamorati che, di concerto, sborrarono sulla faccia raggrinzita dell’amabile vecchina dai capelli argentei.

Per sdebitarsi, le regalarono un tozzo di pane e dei fagioli.

Una festosa esplosione di peti salutò la loro partenza.

“Ma dove andrete?”, chiese l’anziana.

Andremo a cercare il pene d’ebano africano

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